La morte iniziatica come preludio alla purificazione

L

        Fin dai tempi del mito, la morte ha ossessionato l’uomo che ha cercato continuamente di fuggirla o perlomeno di renderla meno spaventosa tramandando leggende che raccontano di modi per evitarla oppure consolandosi nelle religioni che quasi non la contemplano dal momento che molto spesso parlano di reincarnazioni o di un Aldilà dove la vita dell’anima continua in dimensioni ultraterrene.

        Tutti ricordiamo di Sisifo, che per ben due volte scampa alla morte gabbando prima Thanatos e poi Zeus, ma, alla fine, Hermes lo conduce con la forza negli Inferi dove trova ad attenderlo la sua eterna punizione: un pesantissimo macigno. Oppure Gilgamesh, eroe dell’epica mesopotamica, che, sconvolto dalla morte di un amico, parte alla ricerca della pianta che gli avrebbe regalato l’immortalità qualora ne avesse mangiato il frutto. Riesce a trovarla, ma un serpente ruba il frutto prodigioso mentre l’eroe è distratto[1]Sul parallelismo Sisifo/Gilgamesh, cfr. Gilgamesh e Sísifo: sobre o homem e sua finitude no mundo, www.consciencia.org, Giugno 2008.. Non è per gli uomini, vivere per sempre.

        Quanto più spaventa della morte, la causa maggiore di angoscia, è forse non poter sapere cosa succede al suo sopraggiungere. Cosa ci attende dopo il trapasso? Le filosofie hanno cercato una risposta al lacerante quesito, ma la verità è che è un irrisolvibile rebus.

        Dal mito antico alla Commedia di Dante il legame del morto con la vita terrena non e mai completamente reciso. Per di più, secondo molte religioni, tribunali composti da eterne e onnipotenti entità chiedono conto alle anime di quanto compiuto come uomini nel mondo. Non c’è una netta separazione tra il prima e il dopo. Di fondo, la consolazione è che l’anima continua in qualche modo a esistere, a vivere. Che sia nell’Ade o nei Campi Elisi, all’Inferno o in Paradiso, la vita, paradossalmente, non finisce con la morte.

        Il contatto tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti è un motivo topico della letteratura, sia che esso si caratterizzi nella discesa di un uomo vivo nell’Ade – la cosiddetta catabasi – sia che esso si caratterizzi nella pratica cultuale della negromanzia – la nekyia – ossia il rito attraverso il quale spettri o anime di defunti vengono richiamati sulla terra e interrogati sul futuro.

        Celeberrimo esempio della catabasi è la Commedia di Dante. Qui il poeta compie un viaggio nell’oltretomba accompagnato da Virgilio – suo maestro spirituale – che già a sua volta aveva scritto nell’Eneide della discesa agli inferi del suo eroe Enea.

Riteniamo che in questo caso l’ispirazione sia lapalissiana. Ma possiamo osservare – ce lo fa notare Jung nel suo lavoro Psicologia e alchimia[2]Si fa riferimento a C. G. Jung, Psicologia e alchimia, Bollati Boringhieri, Torino, 2006. Cfr. p. 208 ss. – che tra il 1330 e il 1355, indipendentemente da Dante, un monaco cistercense, tale Guglielmo di Dugulleville, fu l’autore di tre pellegrinaggi: Pèlerinage de la vie humaine, Pèlerinage de l’âme, Pèlerinage de Jésus Christ. Fra questi, il pellegrinaggio dell’anima è il più interessante al fine della nostra trattazione poiché contiene una descrizione del paradiso del tutto simile a quella dantesca.

        È interessante osservare come produzioni letterarie di tutte le epoche e di tutte le parti del mondo mostrino innumerevoli similitudini tra loro, anche in quei simboli che potrebbero apparire invenzioni originali di un autore. Ancora una volta è Jung a offrirci una spiegazione per tale fenomeno: egli ci istruisce riguardo a una memoria collettiva, una coscienza comune che è fatta di simboli che sono produzioni spontanee della psiche oggettiva, archetipi[3]Ivi, p. 16, 19, 21 ss., 29, 31, 35, 38 ss., 139, 220, 277, 451, 456, 459; archetipo come “presenza eterna”. ripresi nei secoli dalle numerose culture e poi ancora utilizzati quali simboli esoterici dalle dottrine iniziatiche. Patrimonio di ognuno, costituiscono una massa informe di conoscenze nascoste nell’inconscio.

        È evidente quanto risulti importante conoscere questa natura dei simboli archetipici tanto più che numerosissime dottrine insegnano come giungere per mezzo dei simboli a una percezione superiore. Non si può, dunque, prescindere dallo studio delle interpretazioni di tali simboli nelle diverse epoche e culture e nazioni se il nostro scopo è di spingerci fino a una conoscenza quanto più approfondita – sebbene mai del tutto esauriente – e illuminata.

        Il primo, concreto lavoro delle scuole esoteriche tratta dell’ignoto e della morte e avviene in luoghi carichi di simboli. A chi si appresta a essere iniziato ai misteri di una dottrina viene sempre chiesto di sostare all’interno di una stanza buia e di riflettere sulla propria natura. Questi potrebbe anche conoscere della scuola misterica che intende seguire la storia e le finalità, ma probabilmente ne ignora i rituali, non sa come decifrarne le allegorie, non conosce quali saranno gli strumenti che gli verranno messi a disposizione per compiere su se stesso il lavoro di perfezionamento per divenire l’uomo migliore che desidera diventare, motivo per il quale chiede di essere iniziato. Il candidato, nel momento in cui sottoscrive la convinzione di voler essere iniziato, marca una netta cesura tra il prima e il dopo. Solo con se stesso, comincia a lavorare per abbandonare i limiti dettati dai condizionamenti delle superstizioni e dei dogmi e intraprende un percorso indirizzato al rinvenimento di un’essenza superiore desiderosa di godere della luce della Verità.

        Questo primo momento è l’inizio di un cammino di purificazione. È un viaggio che si compie in un luogo tetro e angusto, coincidente con l’elemento Terra. E in un luogo scuro come le profondità della terra, l’uomo riflette su se stesso con lo scopo di abbandonarsi alla morte iniziatica e rinascere uomo nuovo.

        Così come Gilgamesh – che già abbiamo citato – cammina per ore e ore nella profonda oscurità della montagna prima di rivedere la luce del sole che illumina il giardino degli dei dove è piantato l’albero dai frutti di rubino, meta del suo peregrinare, anche l’aspirante uomo nuovo deve inoltrarsi nelle viscere della montagna.

        Nel mito dell’eroe, lo scopo della discesa – agli inferi, nelle profondità della terra o negli abissi – è caratterizzato universalmente dal fatto che in quelle zone pericolose si trova il tesoro difficile da raggiungere.

        E difficile da raggiungere è il perfezionamento interiore.

        La rinascita è già in atto nell’iniziando che, spinto da profondi sentimenti di ricerca di una più luminosa dimensione spirituale, ha deciso di avviarsi lungo il sentiero dell’esoterismo. Questo significa che l’iniziando ha già in sé le potenzialità per incamminarsi su questa strada, anche in virtù di quanto suggerito da Jung riguardo alla memoria collettiva, agli archetipi simbolici presenti nell’inconscio[4]Cfr. C. G. Jung, Psicologia e alchimia, cit..

        In definitiva, l’iniziando ha già dentro sé la guida che lo condurrà alla fine del percorso: lo Spirito della ricerca, del dubbio, che è il riflesso di un fuoco che illumina, dell’Essere Supremo.

        Questo Essere beato e incorruttibile – recita Simon Mago – risiede in ogni essere: vi è nascosto, vi è in potenza e non in atto.

        L’oggetto del viaggio iniziatico è l’introspezione. Nella solitudine, magari alla flebile luce di una sola candela, l’aspirante uomo nuovo sottopone ad analisi la propria forza di volontà, consapevole di trovarsi solamente alla prima di numerose prove, allegorie delle asperità che incontrerà lungo il particolare percorso.

        L’elemento Terra non è altro che il corpo umano, dove conoscenza di sé e conoscenza del mondo possono e devono interrelazionarsi; dove esiste già tutto ciò che occorre per avviarsi alla vita nuova.

        Quanto sia importante partire dalla terra lo si capisce dal fatto che questa è il centro del mondo sensibile e l’iniziando conosce gli elementi non ancora per quali sono in se stessi – per la loro natura –, ma per come appaiono attraverso l’elemento Terra.

        Vorremmo, ora, proporre a sostegno della nostra tesi quanto è detto ne La tradizione ermetica[5]Si fa riferimento a J. Evola, La tradizione ermetica, Edizioni Mediterranee, Roma, 2009. riguardo all’importanza dell’elemento Terra in relazione a quella che fu prima arte sacerdotale egizia, poi filosofia ermetica, infine alchimia.

        Nell’uomo, l’Anima è l’elemento sovrannaturale della personalità, la forza solare (potremmo affermare che è l’inconscio che conosce i simboli archetipici della memoria collettiva); lo Spirito è l’Acqua Mercuriale o Acqua Permanens ossia l’energia di vita sussistente nell’uomo e in tutte le sostanze presenti nell’universo, la forza lunare (il principio animatore che spinge alla ricerca; il dubbio); il Corpo è terreità (il vaso alchimistico – athanor o audel – che contiene l’essere interiore e spirituale dell’individuo e dove si compie l’opera): quando la ricerca esoterica fa dei tre componenti un unico ente spirituale, il simbolo per il corpo è ancora legato alla terra – poiché è Lapis –, ma stavolta è pietra filosofale[6]Il passo rielabora temi presenti in J. Evola, La tradizione ermetica, cit., p. 66 ss..

        Nel Corpo – ente terreno retto da Saturno – agisce la forza della Terra: primordiale, tangibile, imperitura, creatrice dei corpi, ma allo stesso tempo forza che sottomette e distrugge, come il re che divora i propri figli. A permettere che l’esteriore penetri l’interiore, agisce la forza della Luna: Mercurio. Egli è il portatore dell’energia che illumina e permette di oltrepassare la percezione fisica per giungere a una percezione trascendentale delle cose. Infine opera un ente intellettuale retto dal Sole: è l’Oro presente nell’uomo; è lo Spirito che sprona l’ente terreno e lo fa protendere verso un’essenza superiore, quella che nel Corpus Hermeticum è detta “essenza incorporea”. L’ente intellettuale agisce come agisce il fuoco a contatto dell’acqua dando luogo allo stato aereo ed è una trasformazione indispensabile giacché “il simile conosce il simile” e finché l’uomo non conoscerà che la Terra egli non andrà oltre all’aspetto sensibile e corporale delle cose[7]Cfr. J. Evola, op. cit., pp. 66-68..

        È palese il carattere prettamente introspettivo che assume la visita delle profondità della Terra. È l’invito a osservare il nostro comportamento, a esaminare i nostri modi di essere e sentimenti, a prendere atto delle emozioni celate che albergano dentro noi stessi, a farci strada attraverso queste e, epurando quelle malvagie e scellerate, giungere al rinvenimento della pietra nascosta. La Terra è l’uomo stesso e all’interno di sé è celata la pietra filosofale, vale a dire uno Spirito puro che permette di avere una visione illuminata della realtà delle cose, che rende aureo il metallo vile; capacità che – ripetiamo – nel non iniziato rimane in potenza.

        L’alchimia fa largo uso dell’acrostico V. I. T. R. I. O. L. che è un invito a indagare dentro sé. È l’invito a specchiarsi, a conoscere se stessi: specchiarsi non inteso come contemplare il proprio aspetto, ma cercare di scorgere le proprie mancanze e le proprie vergogne ed è altresì lo stimolo a distogliere lo sguardo da quanto non è Sé per poter scorgere la luce che si ha dentro.

        Facciamo un piccolo accenno ancora di alchimia: si pensi all’Uroboro; il serpente che mangia se stesso e si auto-genera (gode di se stesso e domina se stesso) ha due nature: attiva e passiva al tempo stesso.

        Consideriamo un cerchio quale l’ideogramma dell’”Uno il tutto” (il cerchio è una linea che, come l’Uroboro, ha in se stessa il suo principio e la sua fine; una linea chiusa). Nell’uno il tutto, che noi vogliamo considerare come materia prima unica composta al contempo di maschile e femminile, l’uno – il centro del nostro cerchio, cosmos – è l’ordine che si manifesta in seno al tutto, che è chao.

        Si può ora affermare che nell’uno il tutto, l’uno e il tutto si costituiscono come principi distinti di natura speculare, una solare e una lunare. Al principio solare corrisponde l’elemento Fuoco (reso simbolicamente da un triangolo con il vertice che punta in alto) e al principio lunare corrisponde l’elemento Acqua (reso simbolicamente da un triangolo con il vertice che punta in basso). Una volta distinti, questi due principi, uno può dominare sull’altro. Se a dominare è il principio solare, il cosmos prevale sul caho: ci sono ordine, organizzazione, equilibrio. Il Sole – quindi Fuoco – indica stabilità; la Luna – Acqua – indica volatilità che è anche, però, spirito vitale (l’Acqua Mercuriale o Acqua Permanens è l’energia di vita). Se il principio Acqua ha carattere di passività in rapporto al principio Fuoco, questa sottomissione possiamo esprimerla graficamente al modo di Evola, ovvero indicando il senso del giacere remissivo con un tratto orizzontale; al contrario, il predominio del Fuoco possiamo schematizzarlo con un tratto verticale. Passare dal giacente al dominante, date le premesse, può essere espresso graficamente rettificando il tratto orizzontale di cui sopra. Se non rettifichiamo non ritroveremo la pietra nascosta[8]Ivi, pp. 62-64, 78..

        Pensiamo ai simboli degli elementi Terra e Aria: questi richiamano l’Acqua e il Fuoco, ma si esprimono nella loro natura stazionaria giacché attraversati dal tratto orizzontale – che giace – e rappresentano lo sbarramento alla caduta dell’Acqua e all’ascesa del Fuoco, di conseguenza ostacolando l’azione dell’Acqua – che come già detto è lo Spirito ossia il principio animatore che spinge alla ricerca – e del Fuoco – che è l’Anima ossia la forza aurea che trascende la natura terrena[9]Ibidem..

        È necessario sottolineare come il senso dell’acrostico V. I. T. R. I. O. L. non invita a operare limitatamente al viaggio nell’elemento Terra, ma rimane un ammonimento che sollecita a ripetere l’esperienza; il superamento della prova darà di volta in volta linfa nuova allo spirito dell’individuo, in un continuo ciclo di morte e rinascita, di decomposizione e rigenerazione, come per l’araba Fenice che risorge di continuo dalle proprie ceneri.

        Difatti lo stato di uomo nuovo può essere considerato uno stato metafisico e quindi per sua natura fuori dal tempo e dallo spazio. «È una condizione creativa in perpetuo, una creazione eterna».

        In riferimento all’alchimia, poi, si ricordi che la pietra filosofale è la materia trasformante, il mezzo da utilizzare per produrre l’oro. Rinvenire la pietra nascosta non è una meta già raggiunta di perfezionamento, ma solo l’inizio del lavoro.

        Dietro l’acrostico V. I. T. R. I. O. L. si cela l’ordine di indagare il proprio Sé, di conoscerne gli aspetti

più miseri, oscuri, posti più in profondità e agire per purificarsi. Visitare gli Inferi, morire e rinascere come uomini migliori.

        Vogliamo chiudere questo testo ricordando i versi conclusivi del I Canto del Purgatorio della Commedia di Dante: dopo aver attraversato l’Inferno, Dante e il suo maestro Virgilio camminano lungo una spiaggia deserta. Giunti nei pressi di alcuni giunchi, Virgilio pone le mani sull’erba bagnata e lava il viso di Dante che il viaggio negli inferi aveva sporcato. Alla fine, Virgilio cinge Dante con un giunco. Il Poeta è stato purificato.

Note

Note
1 Sul parallelismo Sisifo/Gilgamesh, cfr. Gilgamesh e Sísifo: sobre o homem e sua finitude no mundo, www.consciencia.org, Giugno 2008.
2 Si fa riferimento a C. G. Jung, Psicologia e alchimia, Bollati Boringhieri, Torino, 2006. Cfr. p. 208 ss.
3 Ivi, p. 16, 19, 21 ss., 29, 31, 35, 38 ss., 139, 220, 277, 451, 456, 459; archetipo come “presenza eterna”.
4 Cfr. C. G. Jung, Psicologia e alchimia, cit.
5 Si fa riferimento a J. Evola, La tradizione ermetica, Edizioni Mediterranee, Roma, 2009.
6 Il passo rielabora temi presenti in J. Evola, La tradizione ermetica, cit., p. 66 ss.
7 Cfr. J. Evola, op. cit., pp. 66-68.
8 Ivi, pp. 62-64, 78.
9 Ibidem.

L'autore

Raffaele Pileggi

Uomo del dubbio, libero e di buoni costumi.

Ricercatore nel campo dell’esoterismo ha scritto numerosi saggi sul percorso iniziatico, la morte iniziatica e l’alchimia trasformazionale. Ha ideato un percorso di crescita personale che affonda le sue radici nella tradizione esoterica occidentale e lo mette in pratica con i suoi mentee durante le sessioni da lui guidate di Alchemy mentoring.

Il suo sito ufficiale è www.raffaelepileggi.it che raccoglie alcune delle sue produzioni letterarie.

Su instagram ha realizzato uno spazio dedicato agli spunti di riflessione per una accurata formazione esoterica (@raffaelepileggi.alchimia).

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Raffaele Pileggi

Uomo del dubbio, libero e di buoni costumi.

Ricercatore nel campo dell’esoterismo ha scritto numerosi saggi sul percorso iniziatico, la morte iniziatica e l’alchimia trasformazionale. Ha ideato un percorso di crescita personale che affonda le sue radici nella tradizione esoterica occidentale e lo mette in pratica con i suoi mentee durante le sessioni da lui guidate di Alchemy mentoring.

Il suo sito ufficiale è www.raffaelepileggi.it che raccoglie alcune delle sue produzioni letterarie.

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